Carlos de Beistegui – una vita Surrealista
Parte Seconda
Quando, finalmente, si finisce di ristrutturare casa arriva il momento tanto atteso dell’inaugurazione, di solito celebrato con una festicciola riservata agli amici. Ecco, il medesimo pensiero l’ebbe Carlos de Beistegui quando terminarono i lavori di “abbellimento” a Palazzo Labia.
Ovviamente il nostro buon Charlie aveva un concetto tutto suo riguardo ai termini “inaugurare” e “festicciola” riuniti nella stessa frase. Innanzitutto decise subito che sarebbe stata una festicciola in maschera, ed il nome scelto per la soirée fu “Bal Oriental”.
Qui finisce la storia ed inizia la leggenda. Ricordate che siamo nel 1951, la guerra è finita da poco e la voglia di ritornare a vivere e sognare è davvero tanta, ma proprio tanta. Se poi si ha la fortuna di essere multimilionari, di avere conoscenze ai massimi livelli ed una fervida immaginazione il risultato può essere qualcosa di mai visto prima. In quel preciso momento Charlie possedeva tutte e tre le qualità.
Sei mesi prima partì il tam-tam della preparazione e degli inviti. Possiamo tranquillamente affermare che, se la preparazione raggiunse vertici mirabolanti e lanciò carriere nel mondo della moda, per quel che riguardava gli inviti si trattò di una guerra vera a propria.
La Preparazione
Quando si vuole realizzare un ballo in maschera degno di cotanto nome è abbastanza scontato chiedere una consulenza sia allo stilista che all’artista più all’avanguardia in quel momento. Pertanto il nostro padrone di casa decise di coinvolgere due vecchi amici: Christian Dior e Salvador Dalì.
Visto che si trattava di un ballo in maschera chi meglio di loro per disegnare alcuni degli abiti più esclusivi. Moltissimi altri abiti furono invece realizzati da un giovanissimo Pierre Cardin e da Nina Ricci, che fecero del ballo il trampolino per le loro carriere. Alcuni degli invitati decisero invece di arrangiarsi, disegnandoseli “motu proprio” per ovvi motivi di orgoglio personale: vedi Elsa Schiaparelli, Oleg Cassini, Jacques Fath e Cristobal Balenciaga. Riguardo la fotografia, tale Cecil Beaton si offrì di scattare delle originali inquadrature, mentre altri graziosi scatti furono fatti da Robert Doisneau (ricordate il bacio davanti all’hotel De Ville a Parigi?) e da Cornell Capa (fratello di Robert Capa). La rivista LIFE si aggiudicò poi l’esclusiva per la serata ed i servizi.
Gli Invitati
All’inizio dell’estate del 1951 l’attesa iniziò a farsi spasmodica. Gli yacht di Vip e miliardari che ancora non avevano ricevuto un invito iniziarono ad ormeggiare al Lido, in cerca di un sistema per ottenerlo, o di un qualsivoglia modo di imbucarsi al ballo. Da mesi la stampa internazionale favoleggiava sugli invitati, e non aveva torto: era da prima della guerra che non si assisteva ad un evento simile. Anche i veneziani, solitamente indifferenti, se non abituati, alle stravaganze, iniziavano ad esser incuriositi, e non poco. In effetti Charlie aveva spedito mille inviti alla crema della high society internazionale, e tutti avevano risposto entusiasti. Non a caso nei rotocalchi si parlava dei “mille di Palazzo Labia”. Il parterre dei divini mondani si commenterebbe da se, ma credo che qualche nota di colore vivacizzi.
Il Re Faruq I d’Egitto e l’Aga Kahn III, il barone Guy de Rothschild e le Baronesse Marie-Helene ed Alix de Rothschild, le ereditiere americane Doris Duke e Barbara Hutton, quest’ultima accompagnata dal Duca Fulco di Verdura, re incontrastato dei gioielli per acclamazione da parte delle dive di Hollywood. Elsa Maxwell, regina del gossip internazionale su carta stampata, e vale il detto “ne uccide più la penna della spada”.
E poi Helena Rubinstein, regina della cosmesi, Diana Vreeland, deus ex machina di Harper’s Bazaar, la Principessa Marella Caracciolo, non ancora coniugata Agnelli, la Duchessa di Devonshire, il Duca e la Duchessa di Richmond, la Viscontessa Jaqueline de Ribes, una fra le massine icone di stile degli anni ’50 e ’60, la Contessa Consuelo Crespi, Oleg Cassini con la moglie Jean Tierney, un discreto numero di nobildonne romane, fra cui spiccavano le principesse Colonna, Caetani, del Drago, Pignatelli e Pallavicini. Daisy Fellowes, divina mondana ed erede dell’impero Singer, la pittrice Leonor Fini, il Barone di Cabrol e Lady Diana Cooper, che arrivarono vestiti da Antonio e Cleopatra, con gli stessi abiti degli affreschi del Tiepolo presenti nel Palazzo. La baronessa Afdera Franchetti, futura moglie di Henry Fonda, la Contessa Teresa Foscari Foscolo, già nota come “la contessa rossa” per le sue battaglie ambientaliste a salvaguardia della laguna, Arturo Lopez Willshaw con la moglie Patricia, lui collezionista e mecenate aveva dato nuova vita al Chateau de Versailles grazie alle sue ingenti donazioni.
Ed ancora la Principessa Natalia Pavlovna Paley, cugina del defunto Zar Nicola II, ex moglie di Lucien Lelong e icona dello stilista Mainbocher, Peggy Guggenheim, da poco insediatasi con la sua neonata collezione a Palazzo Venier dei Leoni, l’attore Orson Wells, a cui rubarono all’ultimo momento il costume da torero, il Barone Alexis de Redé, la Viscontessa Marie-Laure de Noailles, una fra le mecenati d’arte più influenti del Novecento, l’ereditiera brasiliana Aimée de Herren, regina dei salotti della East Coast da Newport a Palm Beach, la Principessa Ghislaine de Polignac, il Conte Armand de La Rochefoucauld, la Principessa Gabrielle Arenberg e Desmond Guinness (suppongo abbiate presente la birra Guinness…).
Tre i grandi assenti: il Duca e la Duchessa di Windsor e Sir Winston Churchill. Temendo gli uni che l’altro fosse presente declinarono tutti e tre l’invito (Winston Churchill era sempre stato avverso ad entrambi per l’ammirazione che provavano verso Hitler ed il nazismo, inoltre lei era cordialmente odiata dalla Royal Family per via della questione relativa l’abdicazione).
Daisy Fellowes vestita da Cleopatra con alle spalle l’affresco di Tiepolo
Genevieve Fath
Figura 9 Jacques Fath con la moglie, vestito da Re Sole
I Costumi
Semplicemente F A V O L O S I: e si potrebbe anche chiuderla qui. Ho detto si potrebbe… Perché ogni abito era un vero e proprio capolavoro di altissima sartoria. Il Bal Oriental aveva come tema prefisso la Venezia del Settecento, ma lasciando liberi gli ospiti di interpretarla a modo proprio, ed ognuno infatti diede libero sfogo alla propria fantasia, con risultati eclatanti. Broccati settecenteschi, sete e velluti, mantelli e pizzi elaboratissimi, costumi che spaziavano dall’Egitto di Cleopatra alla Cina imperiale, svettanti copricapi piumati o rivestiti di cristalli, altissime parrucche ricciolute tenute insieme da fili e fili di perle, turbanti bordati di pietre preziose, elaborate maschere in vetro di Murano. Dame in abiti arabeggianti si mescolavano a gentiluomini abbigliati da guerrieri zulu (con pelli rigorosamente fissate da spille gioiello), un rutilante Re Sole si inchinava di fronte ad alcuni maharaja indiani altrettanto sfavillanti, di cui almeno un paio erano autentici, i Maharaja di Jodhpur e di Kapurthala. Stupirono tutti Arturo e Patricia Lopez Willshaw, vestiti da Imperatore ed Imperatrice della Cina.
Per par condicio Dior disegnò il costume di Dalì e Dalì quello di Dior. La Maharani di Baroda arrivò al ballo con un semplice e raffinatissimo sari, bordato da un migliaio di perle, trasportata all’interno di una gigantesca conchiglia aperta e costruita ad hoc su una gondola. Carlos de Beistegui superò tutti, non tanto per il costume settecentesco, quanto per i comodissimi quaranta centimetri di tacchi da cui troneggiava sugli ospiti (gli riuscì comunque di muoversi benissimo per tutta la notte grazie ad un apposito bastone da passeggio).
Patricia Lopez Willshaw vestita da Imperatrice della Cina – Alcuni invitati e un violinista in erba
Fig.12 Moreschina Arrivabene ed Ascanio Branca – Fig. 13 Il leggerissimo ingorgo di gondole davanti a palazzo Labia
Il Ballo
La sera di lunedì 3 settembre del 1951 una parata composta da centinaia di gondole risalì solennemente il Canal Grande sino a Palazzo Labia, che si specchiava nelle acque alla luce di decine di torce. Ai veneziani pareva di assistere alla parata per la Festa del Redentore ed a quella del Carnevale messe insieme in un colpo solo. Ad attendere gli invitati a palazzo un centinaio di inservienti vestiti con la medesima livrea usata dalla Duchessa di Richmond per il celebre ballo dato nel 1815 a Bruxelles, dato per celebrare con tre giorni di anticipo la sconfitta di Napoleone a Waterloo.
La contessa Ludovica Doria e il conte Paolo Labia – Acquerello del ballo
Nelle sale facevano bella mostra enormi buffet allestiti ispirandosi ai dipinti di Paolo Veronese e dei Tiepolo. Giocolieri in maschera, montati su trampoli alti due metri, fungevano da “spartiacque” fra un sala e l’altra. Per tutta la lunga notte fu un susseguirsi di balli inframmezzati da “Tableau vivant”, le cui coreografie erano state curate da Nina Ricci e Salvador Dalì. Originali pic-nic furono organizzati nelle sale minori, trasformate per l’occasione in piccoli giardini settecenteschi, mentre una sarabanda di mini, giocolieri e circensi diede spettacolo nel cortile, allestito con fondali di arazzi e coperto di tappeti in seta. Le coreografie dei balli, curate di Dior, prevedevano veri ballerini e ballerine in costume che si muovevano fra gli ospiti creando scenografie ispirate a minuetti, rigaudon e gavotte (danze tipiche della seconda metà del Settecento). Tutto era talmente splendido e perfetto che gli stessi fotografi accreditati non sapevano più chi o cosa fotografare.
Ad un certo punto alcune decine di invitati, capeggiati da Jacques Fath, organizzarono un gigantesco “tableau vivant” sotto il grande affresco di Tiepolo che decorava il salone da ballo, sfilando poi per la gioia dei fotografi.
Il culmine della serata furono i fuochi d’artificio che, lanciati dal Canal Grande e da Campo San Geremia, illuminarono per quasi un’ora tutto il sestiere di Cannaregio. Alle 5 di mattina il ballo si poteva dire concluso, e gli invitati iniziarono a lasciare il palazzo sciamando in gondola verso gli hotel ed i palazzi privati dove erano ospiti.
Il primo grande ballo del dopoguerra lasciò un segno profondo, in molti cercarono di replicarne il successo, in primis Truman Capote con il suo ballo in maschera “Black & White”, dato al Plaza Hotel di New York nel novembre del 1966, e poi il Barone Alexis de Redé con un secondo Bal Oriental, dato nel dicembre 1969 al Hôtel Lambert di Parigi. Tuttavia la soirée creata da Carlos de Beistegui resta fissa nell’immaginario come il più grande party del XX° secolo, ed il suo successo epocale, al di là degli invitati e del glamour, credo si possa riportare ad un semplice fatto: fu lo spartiacque fra il grigiore del primo dopoguerra e la voglia di tornare a vivere.
Del resto “Ci sono delle scorciatoie per la felicità, e la danza è una di queste”.
Fausto Corini
fcorini68@gmail.com