Cosa succede quando le neuroscienze incontrano la storia dell’arte?
Sebbene le neuroscienze e la storia dell’arte sembrino delle discipline apparentemente agli antipodi, da questo incontro singolare possono nascere letture di opere che incuriosiscono.
Nel 2020 il dottor François Sellal e il neurologo francese Lorence Tatu pubblicarono uno studio dedicato al segno di Babinski nei dipinti rinascimentali.
Il segno di Babinski si riferisce all’estensione (dorsiflessione) dell’alluce in seguito alla stimolazione della pianta del piede in pazienti con danni alle vie motorie del sistema nervoso centrale. In pratica si tratta dell’estensione dell’alluce ‘a ventaglio’ a seguito di uno stimolo, nei neonati è une gesto comune, che poi sparirà autonomamente, non essendo il loro sistema nervoso centrale completo e l’alluce del piede viene girato a 30 gradi.
Le neuroscienze possono aiutare la comprensione dell’arte?
Durante l’ultima Biennale di Architettura abbiamo visto all’Arsenale l’installazione Connetcome Architecture, nata dall’incontro tra neuroscienze, architettura e arti visive creare una suggestiva ‘mappa visuale’ dell’apprendimento, incrociando risonanze magnetiche, la tecnologia a 3d, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Che possa esserci un ‘matrimonio’ tra arte contemporanea e le neuroscienze non stupisce, che la neuroscienza possa aiutarci anche a vedere particolari di opere del passato sembra meno evidente.
Il segno di Babinski nell’arte
La ricerca di Francois Sellal e Laurence Tatu, come già detto, ha analizzato 302 dipinti realizzati tra il 1440 e il 1550 da artisti italiani, fiamminghi e tedesco-renani dove erano rappresentati la Vergine con il bambino. Venne notato che il segno di Babinski era presente nel 60% dei bimbi dipinti dai pittori renani e fiamminghi. Tale segno si trovava nei dipinti di Rogier van der Weyden, Hans Memling, Martin Schongauer, and Matthias Grünewald. Probabilmente i pittori intendevano dare maggiore realismo alla rappresentazione del piccolo Gesù Cristo.
Anche in Sandro Botticelli il dettaglio dell’alluce è spesso presente, quasi fosse un manierismo stilistico cui l’artista amava indulgere, mentre nella maggior parte dei pittori veneziani il dettaglio non è rappresentato. Alcuni artisti veneziani, come Jacopo Tintoretto non sono stati inclusi nello studio. Possiamo provare a fare un gioco e osserviamo proprio gli artisti veneziani: Giovanni Bellini non è stato oggetto di analisi, ma è evidente, osservando le sue Vergini con il bambino, che i piedini dei suoi bimbi non presentano alcun segno di Babinski. Forse in alcuni dipinti di Andrea Mantegna il piedino del piccolo Gesù tenda a mostrare questo dettaglio.
Andrea del Verrocchio e Leonardo da Vinci
Andrea del Verrocchio e Leonardo da Vinci rappresentarono spesso questo dettaglio anatomico.
Un altro studio realizzato dal dottor Francesco Brigo e dal professore Francesco Caglioti, uno dei massimi esperti del Rinascimento italiano, è stato invece dedicato alle opere di Andrea del Verrocchio e del suo allievo, Leonardo da Vinci. Solo in questi due artisti il segno di Babinski è presente in entrambi i piedi, forse per un desiderio di maggior realismo che partiva dall’osservazione della realtà.
In particolare il dettaglio è presente nella statuetta di terracotta recentemente attribuita a Leonardo: La Madonna con il bambino ridente.
La paternità della statua della Madonna con il bambino ridente è stata riportata a Leonardo, dopo essere stata esposta per molti anni al Victoria & Albert Museum con l’attribuzione a Antonio Rossellino. In realtà si tratta della ripresa di una ipotesi che era già stata fatta tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, quando alcuni studiosi avevano proposto Leonardo come autore dell’opera.
Francesco Caglioti ha presentato l’attribuzione della statuetta a Leonardo da Vinci durante la mostra dedicata ad Andrea del Verrocchio tenutasi a Firenze nel 2019.
Sappiamo che Leonardo fu anche scultore, ma apparentemente questa è l’unica sua opera rimasta, da cui deriva l’eccezionalità dell’attribuzione. Si tratta di un’opera giovanile del maestro e ci presenta una madre e un bimbo che si guardano, il bimbo ha un sorriso accattivante, la madre lo guarda con amore.
Vasari aveva scritto che Leonardo scultore aveva fatto delle teste di donne e putti in terracotta che ridevano, ed è forse questo sorriso scolpito nella terracotta che ha attraversato cinque secoli per arrivare fino a noi.
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Qui trovate il link all’articolo originale di Sellal e Tatou