Il bombardamento della chiesa degli Eremitani a Padova

L’incursione aerea

Il trasporto del corpo di San Cristoforo, A. Mantegna

L’11 marzo del 1944, un anno prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, la Cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova fu rasa al suolo con le sue opere d’arte durante un’incursione aerea. Solo L’Assunzione della Vergine e Il Martirio di San Cristoforo dipinti da Andrea Mantegna si salvarono, essendo stati fortunatamente staccati dal muro nel secolo precedente e messi al sicuro in un altro luogo.

“Questo è sicuramente uno delle più tragiche tragedie annunciate in tutta la storia dell’Arte, assieme all’incendio del Campo Santo di Pisa, con la perdita quasi completa di tutti gli affreschi di Benozzo Gozzoli. Le due distruzioni rappresentano i due maggiori disastri di questa guerra”. così scrisse Vittorio Moschini in una nota in calce alla la sua monografia dedicata ad Andrea Mantegna. L’incursione aerea avvenne verso le 11.30 del mattino dell’11marzo del 1944. Alcune bombe caddero sulla chiesa degli Eremitani: una cadde sulla facciata e sulla parte anteriore del tetto, distruggendo la parte superiore della facciata ovest; un’altra bomba devastò invece completamente la cappella Ovetari. Gli affreschi di Andrea Mantegna furono ridotti in polvere, i piccolissimi pezzi e ciò che si poté salvare, fu raccolto e messo in diciotto casse. 

Le decorazioni di Andrea Mantegna, Niccolò Pizzolo, Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna

Il notaio Antonio Ovetari lasciò alla sua morte una grande somma di denaro per la decorazione della cappella di famiglia nella Chiesa degli Eremitani a Padova con opere riguardanti le vite dei santi patroni Giacomo e Cristoforo. Nel 1448 la sua vedova Imperatrice Ovetari incaricò un gruppo eterogeneo di artisti, Giovanni d’Alemagna, Antonio Vivarini di Murano, e i più giovani Nicolò Pizzolo e Andrea Mantegna di decorare la sua cappella.       Andrea Mantegna, pur essendo giovane e all’inizio della sua carriera, cominciava già ad essere richiesto per la sua abilità, tanto da ricevere molte commissioni. Nicolò Pizzolo era un dotato artista vicentino, aiutante del Lippi, che aveva lavorato con Donatello all’altare del Santo a Padova.  Secondo il progetto originale, il maestro muranese Antonio Vivarini avrebbe dovuto dipingere l’arco con le Storie della Passione di Cristo, (questa decorazione non fu mai realizzata), la volta a crociera e la parete destra con Storie di San Cristoforo, e il resto, cioè la parete sinistra con Le storie di San Giacomo Maggiore e l’abside. Nel 1450 Giovanni d’Alemagna morì, egli ebbe appena il tempo di dipingere solo i festoni decorativi della volta, e poco dopo, nel 1451 Antonio Vivarini, che aveva dipinto i quattro Evangelisti sulla volta, abbandonò anche lui il lavoro e, nel 1453 morì anche Nicolò Pizzolo. Nella prima metà del Quindicesimo secolo Padova fu una delle città protagoniste del Rinascimento per la contemporanea presenza di artisti come Donatello, Andrea Mantegna, Filippo Lippi e Paolo Uccello che stavano lavorando in città, ma anche di mecenati come Palla Strozzi.

La cappella Ovetari a Padova era – ed è – una straordinaria opera d’arte del Rinascimento italiano.

I restauri di Ferdinando Forlati

Ferdinando Forlati, l’architetto responsabile dei principali lavori di restauro eseguiti nel secondo dopoguerra in Veneto, restaurò la chiesa degli Eremitani e la cappella Ovetari. A lui dobbiamo molto, eseguì restauri a Venezia, Verona, Padova e Treviso, Vicenza, ma anche in Istria, Macedonia e a Gerusalemme, dove intervenne nel Santo Sepolcro. La sua attività si svolse sia prima che dopo la Seconda guerra Mondiale durante i lunghi anni di lavoro presso la Soprintendenza.

Il presbiterio della chiesa degli Eremitani era crollato e anche una parte della facciata. La navata era gravemente danneggiata e gli ornamenti dell’interno erano tutti irrimediabilmente persi. La muratura che era sopravvissuta al crollo presentava dei fuori piombo che andavano dai 32 ai 50 cm. Si iniziò subito a raccogliere i detriti della chiesa per recuperare soprattutto i frammenti degli affreschi del Mantegna. Possiamo solo immaginare quanto la raccolta dei frammenti dell’opera di Andrea Mantegna sia stata una ricerca disperata; i frammenti di affreschi erano mescolati ai cumuli della muratura crollata, e tutt’attorno la distruzione. Nel dopoguerra i frammenti furono messi in 109 casse e consegnati all’Istituto Centrale del Restauro di Roma, diretto allora da Cesare Brandi. Su questi frammenti di affreschi furono eseguiti i lavori di riparazione, con l’integrazione delle lacune adottando la “tecnica del rigatino”. Durante la ricostruzione della chiesa, tutti gli elementi recuperati furono affiancati da nuovi elementi in pietra o mattoni sui quali fu incisa la data della ricostruzione, separati dalle parti superstiti da un solco nero, per indicare i limiti del crollo e mostrare la differenza tra le parti nuove e quelle ricostruite.-

Noi oggi vediamo questa ricostruzione quando visitiamo la chiesa degli Eremitani a Padova.

Il nuovo restauro della Cappella Ovetari del 2006

I frammenti degli affreschi, che ammontavano a molte decine di migliaia (circa 80.000), erano stati collocati in apposite casse e conservati nel Museo Civico. Sedici anni fa l’Università di Padova e la Soprintendenza dei Beni Architettonici del Veneto Orientale, con il sostegno finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, che investì 950.000 euro, eseguirono un nuovo restauro. Si decise di realizzare un intervento innovativo sulla Cappella. Grazie a sofisticate tecniche informatiche, la parete sud fu restaurata ricreando l’immagine degli affreschi con una foto digitale a grandezza naturale e applicando tutti i frammenti identificabili, nell’impossibile tentativo di restituire all’ osservatore l’aspetto della Cappella come era al tempo del Mantegna. Allo stesso tempo, si lavorò anche sulla parte architettonica, eliminando i gradini di accesso che non facevano parte della struttura originaria. Venne spostato l’altare maggiore nella posizione dove si trovava anticamente. Perché era stato spostato è un piccolo mistero. Infine si restaurò il bassorilievo del paliotto dell’altare. Questi lavori furono eseguiti sotto la direzione della soprintendente Anna Maria Spiazzi e dell’ architetto Edi Pezzetta.
Nelle foto si vede la cappella con il suo aspetto attuale con i pochi frammenti ricomposti applicati sulla superficie del muro.

L’orribile massacro

Nel suo libro dedicato alla chiesa degli Eremitani, scritto in collaborazione con Maria Luisa Gengaro, Ferdinando Forlati scrisse: “La chiesa degli Eremitani era un monumento notevole, e la sua distruzione è una perdita irreparabile per la bellezza del mondo. Anche se fosse possibile ricostruire, a guerra finita, l’insieme architettonico della Chiesa, nulla potrebbe restituirci i dipinti della tribuna, della grande abside, della Cappella Dotto, e soprattutto quelli della Cappella Ovetari. Ma se un tale sacrificio dovesse rendere l’umanità più saggia e più cauta nel liberarci dal terribile flagello della guerra, ci si augura che un così orribile massacro non sia stato fatto invano”.

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www.veniceartguide.it

il link alla versione in inglese (Andrea Mantegna and the Ovetari Chapel in Padua)

Poco prima del bombardamento del 1944 la cappella era stata fotografata da Amilcare Pizzi. Le foto di questo volume introvabile rappresentano le uniche testimonianze delle opere prima della distruzione.