La 60ma Biennale di Venezia 2024, tra arte e architettura

Un compleanno importante per la Biennale

Il 20 aprile si aprirà la 60ma Biennale di Arte Contemporanea di Venezia dal titolo Stranieri ovunque, Foreigner everywhere che avrà, per la prima volta, un curatore proveniente dell’America latina, Adriano Pedrosa . 

I sessant’anni sono normalmente un’età in cui si tracciano i bilanci del proprio cammino, e ci si avvia verso traguardi nuovi e nuove aspettative di vita e quest’anno anche la Biennale d’arte di Venezia festeggia la sua sessantesima edizione.

In realtà la Biennale è un’esposizione centenaria, perché compirà centoventotto anni nel 2024, anche se alcune edizioni furono sospese durante le due  Guerre Mondiali. 

Le muse inquiete, Biennale 2020

Che cos’è la Biennale? Qualche riga di storia

Che cos’è al Biennale di Venezia? La Biennale di Venezia è la più antica esposizione di arte contemporanea del mondo. Nacque infatti nel 1896 come esposizione di Belle Arti grazie ad un gruppo di artisti e di amanti dell’arte, tra cui il sindaco di Venezia Riccardo Selvatico. Da una piccola esposizione dedicata all’arte italiana, la Biennale si aprì gradualmente al mondo nel corso del Novecento. Vari paesi europei ed extra europei cominciarono ad esporre a Venezia, acquisendo spazi all’interno de Giardini di Castello e installandosi in padiglioni da loro curati e costruiti da eminenti architetti. Nacquero così i Padiglioni Nazionali allestiti ogni anno dalle singole nazioni.

I Padiglioni Nazionali e l’architettura contemporanea veneziana

I padiglioni nazionali di arte contemporanea sono anche dei pregevoli esempi di architettura del Novecento. Gli stati che esponevano, e espongono nella sede dei Giardini di Castello chiesero a importanti studi di architettura o ai principali architetti del secolo scorso di realizzare il padiglione che sarebbe diventato sede e simbolo del proprio paese durante la Biennale di Venezia.

È per questa ragione che Venezia possiede in uno spazio relativamente piccolo, quello dei Giardini di Castello, esempi significativi di architettura novecentesca.

Quali architetti lavorarono ai padiglioni della Biennale di Venezia?

Vari architetti e studi di architettura lavorarono a Venezia, questo breve elenco non ha l’ambizione di essere completo, ma solo di ricordarne alcuni: Virgilio Vallot ricostruì il padiglione del Belgio, che risaliva la primo decennio del Ventesimo secolo. Géza Marňti eresse in stile ‘viennese-magiaro’ quello dell’Ungheria, per la Francia fu scelto l’italiano Umberto Bellotto, l’Olanda commissionò al celebre Gerrit Rietveld la realizzazione del suo padiglione, il Canada, che è stato recentemente restaurato e riportato al suo progetto originario, è un’opera dei BBPR, cioè Gianluigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressuti e Ernesto Nathan Rogers.

Il padiglione della Russia, uno dei più antichi, è quello originale costruito da Aleksej Scusev all’inizio del Ventesimo secolo. Carlo Scarpa, che aveva curato vari allestimenti della Biennale, nonché realizzato il Giardino delle sculture, l’ingresso e il padiglione dei libri, fu incaricato di costruire anche il padiglione del Venezuela, che si trova accanto a quello della Svizzera dell’architetto Bruno Giacometti ( su Carlo Scarpa si veda anche: The most unusual gardens in Venice -1). Gli Stati Uniti si affidarono a W. Adams Delano e Chesters Holmer Aldrich per un padiglione in stile neoclassico (in inglese anche l’articolo dedicato al padiglione americano del 2021) Il piccolo padiglione della Finlandia fu affidato a Alvar Alto e i paesi nordici furono rappresentati da Sverre Fehn, all’epoca il più famoso architetto svedese.

Al di là del canale alcuni padiglioni, che rappresentano la geografia dell’ epoca in cui furono costruiti, condividono lo spazio del veneziano Brenno del Giudice, autore anche di ville al Lido di Venezia ed altre architetture in città.

La Biennale di Venezia e la pandemia

Nel 2020 durante a causa delle restrizioni dovute alla pandemia non si potè organizzare l’esposizione di Architettura contemporanea, che si alterna ogni anno con quella di arte. Venne così organizzata una piccola preziosa mostra dedicata ai 120 anni della Biennale, Le muse inquiete, la Biennale di Venezia di fronte al presente

Per la Biennale fu quasi un ritorno alle origini, la mostra occupava, infatti solo il padiglione centrale dei Giardini di Castello, più volte ricostruito, ma l’installazione che copriva la facciata rappresentava i due vecchi padiglioni non più esistenti. 

Curata da tutti e sei i direttori delle arti, che normalmente cambiano ad ogni edizione, (arte, architettura, musica, danza e cinema) il percorso si snodava attraverso l’istituzione nel corso del secolo scorso per arrivare fino al presente attraverso la sua evoluzione centenaria per mostrare come in fondo la Biennale si fosse sempre rapportata con il presente e avesse subito l’influenza del periodo storico e in fondo ne fosse anche il simbolo. Di conseguenza le opere esposte erano figlie del momento storico, nonché politico vissuto.

Materiale d’archivio, fotografie, ma anche quadri, mosaici, materiale audiovisivo, la resero una mostra unica, perchè curata da sei diversi curatori che collaborarono ad un’unica realizzazione pur nelle relative competenze: Cecilia Alemani (Arte), Alberto Barbera (Cinema), Marie Chouinard (Danza), Ivan Fedele (Musica), Antonio Latella (Teatro), Hashim Sarkis (Architettura).

Quella del 2020 fu anche un’edizione che pochi di noi hanno avuto la possibilità di visitare, perchè le condizioni sanitarie la obbligarono ad una chiusura anticipata e perchè in molti paesi non si poteva viaggiare, Italia inclusa, quindi la Biennale di Venezia subì il destino di altre mostre sfortunate programmate e chiuse prematuramente.

La Biennale di Venezia 2024

Adriano Pedrosa ha scelto per il titolo di rifarsi alle opere del collettivo francese Claire Fontaine , Foreigners everywhere, a sua volta ispirato al collettivo torinese noto per la lotta contro il razzismo e la xenofobia attivo all’inizio del ventunesimo in Italia. 

Secondo le prime anticipazioni alla stampa Il tema si ispira alle questioni che circondano il movimento globale delle persone e alle sfide legate alla lingua, all’etnia, allo straniero, come recita il titolo.

In una città come Venezia, dove si incrociavano nazioni, lingue e culture e dove il foresto era normalità, il tema pare particolarmente adatto, anche se sicuramente verrà declinato nel senso moderno, perchè l’artista, soprattutto se straniero può essere anche visto come il diverso. Adriano Pedrosa ha reso nota nella sua conferenza che sarà una Biennale veramente internazionale, e che tutti i continenti saranno rappresentati, dalla Cina al Medio-Oriente, al lontano Oriente, alla Nuova Zelanda, India, ma anche artisti nativi e minoranze etniche.

Ci si aspetta inoltre, un’ampia presenza di artisti sudamericani e africani, in continuità con la Biennale d’Arte del 2022, curata da Cecilia Alemanni  che alle artiste  centro e sudamericane aveva dedicato buona parte dell’esposizione, ma anche una vasta presenza di artisti mai invitati prima.

Anche la Biennale d’architettura del 2023, curata da Lesley Kokko, che vedeva nell’Africa e negli studi di architettura africani, quel Laboratorio per il futuro che idealmente avrebbe dovuto essere un ponte per un futuro sostenibile, aveva visto la preponderante presenza di studi meno conosciuti sopratutto africani.

Il tema della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente e dei grandi spazi verdi minacciati in vari modi e la rappresentanza delle minoranze sono sempre stati temi centrali e ricorrente nelle Biennali di Venezia. La sostenibilità e lo sfruttamento dell’ambiente, così come i cambiamenti climatici non sono solo temi attuali, ma anche sfide cui sempre più saremo chiamati a confrontarci e in tal senso l’arte è una cartina di tornasole anticipatrice del sentire comune.

Quella del 2024 si annuncia come una Biennale interessante e con molte tematiche, io vi aspetto, come sempre, per aiutarvi a sciogliere alcuni nodi.

www.veniceartguide.it

Carlo Scarpa
Stranieri Ovunque, Claire Fontaine